Eccoci all’ultima tappa del mio viaggio di prova, in cui sto verificando la fattibilità di appoggiarmi alla rete di Couchsurfing per compiere il giro del mondo. Sul treno diretto verso la capitale della Germania mi sono sentito piuttosto rilassato, ho pensato che in Polonia, nonostante freddo, neve e difficoltà comunicative mi è andata piuttosto bene, quindi una città come Berlino non potrebbe che risultare una passeggiata.
Trovare un alloggio non è stato semplicissimo, poco dopo la pubblicazione della mia richiesta, più di una settimana fa, ho ricevuto la proposta di un ragazzo apparentemente molto disponibile ed accomodante, andando poi però a controllare il suo profilo, tra le referenze lasciate dai suoi precedenti ospiti, ho scoperto che il soggetto non risultava molto affidabile. Un ragazzo ha infatti scritto di aver lasciato l’appartamento dopo poche ore in quanto il padrone di casa aveva fin da subito assunto un atteggiamento strano, girando seminudo per casa, assumendo un comportamento lascivo, oltre al fatto che la foto del suo profilo couchsurfing risultava falsa. Io sono un gran sostenitore della libertà, nella misura in cui essa non arrivi a limitare quella altrui.
In questo caso mi sono sentito libero di declinare l’invito di una persona che, probabilmente, cerca ciò che gli interessa nel posto sbagliato: se l’obiettivo principale è rimorchiare esistono siti appositi.
Non avendo ricevuto altre risposte ho mandato una richiesta privata ad un ragazzo con un numero altissimo di referenze, immaginando si trattasse di un padrone di casa ideale; la positiva risposta di Yan è arrivata in poco tempo. Fantastico!
Giunto quindi in stazione, elettrizzato com’ero, non ci ho messo molto ad attirare a me un gentile ragazzo che mi ha accompagnato al treno che mi avrebbe condotto nei pressi dell’abitazione del mio ospitante.
Dopo un po’ di tempo però, controllando con l’app gps quanti metri mi separavano dalla mia destinazione, ho letto un numero che mi ha richiesto qualche istante per farmi comprendere la situazione: oltre a trovarmi a più di 30 chilometri di distanza mi stavo allontanando sempre più!
Ho chiesto immediatamente aiuto alla persona più vicina a me, dopo una breve consultazione è emerso che avevo probabilmente mal pronunciato a Philip il nome del luogo in cui mi dovevo recare ed ero quindi stato fatto salire sul treno sbagliato.
Questo piccolo malinteso ha fatto si che, anziché raggiungere Yan nel pomeriggio, sono arrivato che era quasi sera.
Grazie alla solita catena di aiuti ho raggiunto e premuto il campanello dell’abitazione di Yan, dopo un minuto ho sentito il rumore di qualcuno che scendeva le scale, poi di una porta aprirsi e senza proferir parola quello stesso qualcuno si è girato ed ha iniziato a risalire le scale!
“ Cominciamo bene! ” ho pensato, lanciandomi all’inseguimento di quello strano soggetto. Infilatomi in casa dietro di lui sono stato afferrato per un braccio, accompagnato attraverso un corridoio fino ad una camera e quindi ecco la poltrona. Mi siedo. Rimango in silenzio. Dopo un lunghissimo minuto il ragazzo mi domanda:
“ Quindi… sei cieco ”
E io:
“ Certo, te lo avevo specificato nella richiesta… ”
La sua risposta:
“ Oh, interessante ”
Dentro di me, forse per una reazione isterica, sentivo che stavo per scoppiare a ridere, ma sono riuscito a mantenere un certo contegno.
Poi Yan se n’è andato, tornando poco dopo con un materasso che ha appoggiato sul pavimento, al fianco di un altro materasso, aggiungendo che quella era la stanza degli ospiti e che di lì a poco sarebbero tornati un ragazzo americano e due ragazze danesi.
Infatti, circa mezz’ora dopo, ho fatto la conoscenza di Andrew, Emilia e Camilla, rientrati da una visita della città. I nuovi arrivati mi sono apparsi meno “ stravaganti ” rispetto al padrone di casa, che nel frattempo si era rintanato nella sua stanza. Mi hanno spiegato che lui era solito trascorrere le giornate lì dentro, mentre verso sera riemergeva tra i comuni mortali. Non si trattava certamente di un personaggio comune ma tutto sommato non era male.
Verso mezzanotte i ragazzi stavano uscendo per andare a visitare un ospedale abbandonato non distante, io ero sinceramente esausto ma le loro insistenze mi hanno convinto ad andare. Fuori pioveva e giunti sul posto avviamo dovuto scavalcare una recinzione, dopo una perlustrazione del perimetro della struttura Andrew, l’appassionato di luoghi abbandonati, ha individuato un ingresso.
Lui faceva da apripista e spesso mi guidava, mi pareva veramente di essere sulla scena di un film dell’orrore, complice sia il luogo sinistro ma soprattutto il suo accento americano. In più occasioni mi sono domandato che stessi facendo in quel posto, pentendomi di aver acconsentito ad unirmi ai ragazzi… ma il giorno successivo, quando mi è stato di nuovo proposto di visitare un vecchio parco divertimenti abbandonato, cosa credete che abbia risposto?
Non ho idea di quanto abbiamo camminato per raggiungere quel maledetto luogo, situato a chilometri dalla città. Questa volta però devo ammettere di essermi seriamente impressionato: da centinaia di metri di distanza abbiamo iniziato ad avvertire dei rumori lontani e sinistri, via via che ci avvicinavamo assomigliavano sempre più a grida acute e la cosa che più mi sconcertava è che le due giovani ragazze non davano segno di alcun timore.
Una volta raggiunto il parco ed entrati attraverso uno squarcio nel reticolato Andrew ci ha svelato il mistero: si trattava di catene arrugginite che ciondolavano per effetto del vento.
La strada di ritorno è stata ancora più lunga per il fatto che abbiamo perso l’ultimo tram che ci avrebbe avvicinato a casa, mentre camminavamo sferzati dall’aria gelida e un po’ di pioggia riflettevo sul fatto che tutt’intorno a me era pieno di calde e comode abitazioni ed ho iniziato a sognare che, tutto d’un tratto, si aprisse una porta da cui una voce femminile e sensuale mi invitava ad entrare.
Sogna Ale, sogna! Questa volta non vi stupirò con effetti speciali, abbiamo coperto camminando fino all’ultimo metro!
Direi che queste due settimane di viaggio mi hanno sicuramente regalato molto più di quanto mi aspettassi, mi dichiaro più che soddisfatto.
Il giorno del mio rientro in Italia ho salutato le mie due nuove amiche danesi, che si apprestavano a fare autostop verso la loro meta successiva, io mi sono recato invece in aeroporto.
Questa volta niente accompagnatori tra i passeggeri, il personale di volo me lo ha categoricamente proibito.
Anche questa è una lezione da tenere bene a mente: viaggiando sono come un ospite in visita a casa di altri, adattarsi agli usi e costumi locali è un buon modo per evitare brutte sorprese.
C’è scritto di lasciare un commento all’articolo ma io sono pro commenti inutili…quindi..Ti sei tagliato i capelli?! sembri un giovincello!! ahah era ora!!! =) A presto fico…bacioooneeee